Nofollow: di cosa si tratta e come si usa

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link rappresentano un elemento chiave per determinare la rilevanza e l’autorevolezza di un sito web, dato che ogni collegamento ipertestuale è una sorta di voto di fiducia, un segnale che i motori di ricerca utilizzano per valutare la qualità di una pagina. Allo stesso tempo, non tutti i link sono uguali e l’uso strategico di attributi come rel=”nofollow” possono essere utili per un controllo più efficace del profilo dei collegamenti esterni, motivo per cui il ruolo di questo tag va compreso per gestire meglio il flusso di link equity e proteggere il sito da potenziali rischi legati a spam o penalizzazioni algoritmiche.

Il significato del tag nofollow

Il tag rel=”nofollow” è stato introdotto per impedire che determinati collegamenti trasmettano valore in termini di ranking. Tale attributo fornisce ai motori di ricerca un chiaro segnale sulla natura del link: a differenza dei collegamenti standard, che contribuiscono a costruire l’autorità di una pagina attraverso il passaggio di link equity, i nofollow impediscono che questo valore venga trasferito, influenzando così il modo in cui Google interpreta le connessioni tra i siti web.

Nato inizialmente come risposta allo spam nei commenti dei blog, il tag ha trovato un impiego più ampio nel tempo, diventando una risorsa preziosa per il controllo strategico dei link esterni. Il suo utilizzo previene pratiche scorrette come la manipolazione artificiale del ranking, ed, allo stesso tempo, consente anche di indicare a Google che un determinato link non rappresenta un’associazione diretta con il sito di destinazione. Oggi, la gestione consapevole di questo attributo è parte integrante di qualsiasi strategia avanzata di ottimizzazione SEO, soprattutto per le aziende e i publisher che pubblicano regolarmente contenuti con riferimenti esterni.

Utilizzo attuale del nofollow e le nuove direttive di Google

Se in passato l’utilizzo del nofollow era principalmente legato alla prevenzione dello spam, oggi rappresenta una risorsa molto utile per distinguere la natura dei collegamenti, grazie anche all’introduzione degli attributi rel=”sponsored” e rel=”ugc” nel 2019.

L’aggiornamento delle linee guida di Google ha modificato il modo in cui il nofollow viene interpretato. Non è più un comando rigido che blocca completamente l’associazione tra un sito e il collegamento, ma un suggerimento che il motore di ricerca può valutare nel contesto generale di una pagina. Questo significa che, pur non trasmettendo direttamente valore in termini di ranking, un link nofollow può comunque essere analizzato per comprendere meglio la struttura e le connessioni di un sito web.

Nel settore dell’editoria e del content marketing, l’uso del nofollow è diventato una prassi abbastanza percorsa per i link esterni, specialmente in articoli che citano fonti commerciali o brand, evitando potenziali rischi di penalizzazioni. Anche i grandi portali e le piattaforme con contenuti generati dagli utenti, come forum e social network, si affidano a questo attributo per impedire l’abuso dei collegamenti.

Oggi, la gestione consapevole dei link richiede una strategia bilanciata: mentre il nofollow continua a essere essenziale per la protezione dalla link spam, il suo utilizzo deve essere valutato caso per caso, in base alla natura del contenuto e all’intento strategico della pagina.

Quando e come usare il tag nofollow correttamente

Uno dei contesti più comuni in cui il nofollow viene applicato è quello dei link sponsorizzati o a pagamento. In questi casi, l’attributo assicura che Google non interpreti il link come un tentativo di manipolazione del ranking. Adottare questa misura è fondamentale per evitare penalizzazioni legate a pratiche di link building non naturali. In alternativa, per i collegamenti retribuiti è possibile utilizzare l’attributo rel=”sponsored”, più specifico per questo tipo di contenuti.

contenuti generati dagli utenti (UGC), come quelli presenti nei forum, nelle recensioni o nei commenti dei blog, rappresentano un altro ambito in cui il nofollow è frequentemente utilizzato: in questo caso, aiuta a limitare il rischio di spam e a mantenere un profilo di link pulito e naturale. L’introduzione dell’attributo rel=”ugc” ha inoltre fornito una soluzione più mirata per identificare questo tipo di collegamenti.

In alcune situazioni, il nofollow può essere applicato anche a link esterni non verificati o non correlati direttamente al proprio sito, pratica utile quando si desidera fornire una referenza senza necessariamente trasferire autorità alla pagina collegata. Allo stesso tempo, però, per garantire un’esperienza utente ottimale e mantenere un profilo di link sano, è consigliabile valutare attentamente quando applicare questa restrizione, evitando un utilizzo eccessivo che potrebbe limitare l’efficacia della strategia SEO.

Un aspetto da tenere sempre presente è che il nofollow non deve essere usato sui collegamenti interni con l’obiettivo di bloccare l’indicizzazione o il crawling di determinate pagine. Per gestire la visibilità interna del sito, strategie più adeguate prevedono l’uso attento del file robots.txt o del meta tag noindex, che forniscono istruzioni più precise ai motori di ricerca.

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